Oltre a quella redatta da Censis-La Repubblica, una delle classifiche più attendibili e consultate dagli studenti è sicuramente quella de “Il Sole 24 Ore”, rilasciata nei giorni scorsi per quanto riguarda l’anno accademico 2015-2016. L’analisi del noto quotidiano economico nazionale ci illustra la qualità dell’offerta universitaria italiana in base a 12 indicatori divisi in due grandi ambiti: i primi 9, misurano la didattica dei singoli atenei e riguardano soprattutto la solidità della struttura dei docenti, la capacità di garantire puntualità negli studi e i collegamenti internazionali ed esperienze lavorative durante il corso di laurea. Gli ultimi 3 misurano invece i risultati della ricerca, in tre macro-ambiti esaminati dall’Agenzia Nazionale di Valutazione e riguardano la qualità della produzione scientifica, quella dei dottorati e la capacità dei dipartimenti di ottenere finanziamenti esterni per i loro progetti. Questa sistema di valutazione conferma che gli indicatori utilizzati per costruire il ranking riescono a misurare le dinamiche consolidate dell’accademia italiana, e che le performance delle diverse strutture sono figlie di fattori di lungo periodo che hanno bisogno di tempo per entrare in “moto” e mostrare la loro efficacia.
Ad ogni modo, i dati raccolti hanno confermato come la qualità universitaria in Italia si concentra principalmente nel Nord, mentre gli atenei del Sud continuano ad arrancare e ad occupare gli ultimi posti della classifica, chiusa anche quest’anno dalla Parthenope di Napoli fra gli atenei statali e dalla Kore di Enna fra quelli non statali. Le performance complessive peggiori sono invece delle università calabresi, con la Mediterranea di Reggio Calabria che perde 7 posizioni (peggioramento più significativo a livello nazionale) e quella di Cosenza, che ne perde 6. Tuttavia, alcune università del Mezzogiorno fanno ben sperare. In particolare Salerno che quest’anno ha scalato dieci posizioni passando dalla 26° alla 16° posizione, facendo registrare il miglioramento più netto a livello nazionale. Altre performance positive sono state realizzata dall’Università di Foggia (+5 posizioni), Messina, Campobasso e Lecce (+4 posizioni) e dal Politecnico di Bari (+3 posizioni). I dati sul successo occupazionale o sulla trama degli stage certificati dal riconoscimento dei crediti formativi sono evidentemente influenzati dalla presenza di un tessuto produttivo e dei servizi dinamico e interessato alle competenze accademiche. Questi fattori tendono quindi a “favorire” le aree più vivaci del Nord e le grandi città. Ai primi posti, infatti, si riconfermano Verona, Trento e Bologna.
Classifica Università Statali 2016
Classifica Università Non Statali 2016
fonte: Il Sole 24 Ore
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