Il percorso di studi di un aspirante medico è sempre stato tra i più lunghi e complessi nel panorama della formazione universitaria italiana. Il risultato è che tra laurea, specializzazioni, tirocini e dottorati un medico comincia a esercitare sul serio la propria professione ben oltre l’età media di qualsiasi altro professionista.
Proprio per questo è stata presentata dal Ministro della Salute, Fazio, e dal Ministro alla Pubblica Istruzione, Gelmini, la riforma del percorso di studi per gli aspiranti medici, che permetterà loro di affacciarsi al mondo del lavoro prima dei trent’anni, risparmiando così oltre tre anni e mezzo di tempo.
Lo scopo della riforma è quello di far risparmiare tempo agli studenti, aumentando la qualità della preparazione. L’idea è quella di coinvolgere maggiormente gli specializzandi sul campo, per aumentarne l’esperienza diretta, eliminare i tempi morti tra le fasi di studio, per rendere il percorso più compatto, e incentivare la partecipazione ai dottorati di ricerca.
Le novità sono molte, in particolare, però, risaltano le riduzioni tempistiche delle lauree specialistiche (circa un anno e mezzo complessivo in meno) e in particolare: le specialità chirurgiche passano da 6 a 5 anni, quelle mediche da 5 a 4 anni (a 3 per alcune aree specialistiche).
Un’ulteriore interessante novità riguarda il dottorato: può essere svolto durante l’ultimo anno di specializzazione. Questo per accorciare ulteriormente la durata totale degli studi e inoltre di poter introdursi con un po’ di anticipo nel mondo del lavoro.
Lo scopo complessivo della riforma è quello di ridurre a 6 anni complessivi il ciclo di studi, comprensivi anche dei 3 mesi di tirocinio formativo e di esame di stato, in modo che la laurea sia già abilitante all’esercizio della professione.
Tutti questi cambiamenti avvicinano il percorso di formazione medica italiano a quello degli altri paesi europei, snellendo le lungaggini burocratiche e i ritardi che da sempre caratterizzano questa facoltà.
Resta invece l’accesso a numero chiuso alla facoltà, questo per evitare un surplus eccessivo di medici, che già nel nostro paese sono parecchi: dai risultati di alcune ricerche si parla di un medico ogni 1000 abitanti, dato che supera parecchio la media europea.
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