Indice
I datori di lavoro della nuova generazione valutano i candidati più per il loro portfolio o per la loro esperienza, che per la laurea che hanno conseguito. La cosa che fa più paura, però, sono i costi universitari il più delle volte molto elevati da sostenere. Questo potrebbe portare i ”giovani adulti” ad iniziare a pensare al loro futuro in maniera autonoma, anziché seguire quelle che sono le aspettative dei genitori. Inoltre, i gravosi costi universitari a carico degli studenti, potrebbero debilitarli infondendo nelle loro vite un fardello non indifferente fatto di stress, ansia e nei casi più gravi depressione. Senza contare che statisticamente sono sempre meno i giovani che si avviano verso una data carriera universitaria: in cinque anni il numero di iscritti all’università è diminuito del 9%, con 37.616 laureati in meno. E sono sempre meno i giovani che identificano il mondo lavorativo con la laurea.
4 brillanti motivi per non andare all’università: in che senso?
Circa un terzo di quelli nati fra i primi anni Ottanta e l’inizio degli anni Duemila, affermano di aver preferito andare a lavorare dopo il liceo, anziché immatricolarsi all’università e pagarne le rette. I costi universitari non sono, inoltre, solo quelli relativi alle tasse ma comprendono anche le spese vive che lo studente deve sostenere per il suo sostentamento, spesso aggravate dal fatto che per l’intera durata degli studi non si lavora o, se lo si fa, i guadagni sono purtroppo, il più delle volte, molto contenuti. Da un punto di vista prettamente lavorativo, stando ai più recenti dati Istat relativi agli under 35, lavorare o meno una volta conseguito il diploma non costituisce alcuna differenza nel breve termine. Affinché un laureato possa trovare lavoro proprio grazie al suo titolo di studio, servono spesso molti anni. Tuttavia, è molto più probabile trovare un impiego essendo in possesso di una laurea che, invece, possedendo solo il diploma o, ancora peggio, la licenza di scuola media.
Inoltre, il numero delle immatricolazioni nelle università italiane è costantemente in calo da ormai oltre dieci anni, perché man mano che passano gli anni, la laurea,nel panorama lavorativo, viene percepita sempre meno come effettivo valore aggiunto.
4 brillanti motivi per non andare all’università
1. L’impegno molto spesso vince sull’istruzione
L’università non costituisce una garanzia per il successo. Il sistema universitario è spesso saturo di illusioni, che spingono i più giovani a ritenere la laurea come un biglietto assicurato per una vita soddisfacente, per la quale basta ”studiare per ottenere un lavoro”. Non fraintendete questo messaggio: è indubbia l’importanza dello studio nella formazione di un individuo ma è altrettanto vero che il successo ha ben poco a che vedere con l’istruzione. Il successo riguarda lo sviluppo personale, l’autocontrollo, l’integrità, le doti comunicative e un grande quantitativo di passione, che batte sempre il talento.
2. I debiti possono soffocare i tuoi sogni
I debiti hanno un grande potere nell’affossare le persone. I primi anni della fase adulta di un individuo vanno intesi come anni propizi per costruire le basi per un futuro brillante, non per scavarsi la fossa. Da molti studi recenti, è trapelato il triste dato secondo cui i ”giovani adulti” di 20 e 30 anni non acquistano più case di proprietà, in quanto aspettano di sanare i debiti con i quali hanno pagato il loro percorso di studi.
3. Oggi la maggior parte degli imprenditori assumono seguendo tre variabili
Facciamo un esempio, due identici candidati varcano la soglia del tuo ufficio per un colloquio. L’unica differenza fra i due è che uno ha alle spalle quattro anni di esperienza nella posizione per la quale si sta candidando, mentre l’altro solo anni accademici. Chi dei due assumi? Ci sono alte probabilità che tu decida di assumere il primo candidato.
I manager sanno che la curva d’apprendimento della futura generazione è così ripida che risulta quasi impossibile per un’università capire quali siano le tendenze, crearvi intorno un curriculum e provvedere alla formazione prima che la curva cambi di nuovo.
Tieniti aggiornato ai veloci cambiamenti e considera che i criteri di assunzione seguono sempre di più le tre seguenti variabili:
1. Esperienza – Da quanto tempo i candidati sono nel settore? Cosa ne sanno a riguardo? Per quali compagnie hanno lavorato? E, soprattutto, qual è stato il loro grado di successo in questo settore?
2. Portfolio – Che esiti possono dimostrare di aver ottenuto? Sono in possesso di specializzazioni o referenze? Quali sono stati i loro progetti passati? Per chi hanno lavorato e come è evoluta la collaborazione?
3. Caratteri personali – I candidati sono in grado di adattarsi alla compagnia? Si tratta di individui affidabili, responsabili e di grande integrità morale? Sanno comunicare? Il modo in cui appaiono i candidati può conciliarsi con l’ambiente dell’azienda?
Mentre un lavoro part-time può aiutare con i sopracitati criteri, una laurea no.
4. L’imprenditorialità potrebbe costituire un punto di svolta
L’Italia si è ”guadagnata” la quart’ultima posizione per tasso di imprenditorialità. Il che significa che essere imprenditore in Italia non è un fattore che suscita invidia né sintomatico di una buona carriera. E’ sempre presente la paura di fallire, di non farcela e di ritrovarsi sommersi da debiti e sogni infranti.
Tuttavia, è stato evidenziato un aumento dei professionisti indipendenti e della rete d’impresa, che calcano la scia delle nuove tecnologie. Un elemento di svolta potrebbe essere proprio costituito dalla formazione imprenditoriale da valorizzare sin dal sistema scolastico. Infatti, l’attuale sistema educativo ci ”alleva” affinché diventiamo impiegati e non imprenditori. E’ per questo che le persone dubitano di riuscire a farcela da soli e si ritrovino entro pochi anni a dover chiudere l’attività che avevano coraggiosamente avviato.
Lascia un commento