Secondo un’ indagine della fondazione “Cesar” sono più di un terzo i giovani che lavorano durante il loro percorso universitario. La maggioranza degli studenti lavora in nero, gli altri con contratti diversi. I compensi sono inferiori a 500 euro mensili per quasi la metà, solo una piccola percentuale guadagna più di 1000 euro al mese. Tra i settori più diffusi vi è la ristorazione, le lezioni private, lavori tramite internet, telemarketing, industria e costruzioni.
Il consorzio Almalaurea distingue lavoratori-studenti (che hanno svolto lavori continuativi a tempo pieno per almeno la metà della durata degli studi) e studenti-lavoratori (che hanno avuto esperienze di lavoro nel corso degli studi). C’è da dire che la probabilità di lavorare nel corso degli studi universitari diminuisce all’aumentare del titolo di studio dei genitori.
La figura dello studente part-time prevede l’introduzione di regolamenti ministeriali (n. 509 del 1999 e n. 270 del 2004) che introducono, appunto, l’attività dello studente lavoratore non a tempo pieno.. Per lo studente part-time è prevista una riduzione dei contributi universitari di una quota decisa dal consiglio di amministrazione di anno in anno, mentre restano invariate la tassa di iscrizione e la tassa regionale per il diritto allo studio universitario.
Diventato part-time, lo studente ottiene il prolungamento di un anno dello status di allievo in corso, ma nello stesso tempo s’impegna ad acquisire non più di 30 crediti (cfu) e non meno di 9 nell’anno accademico per il quale ha presentato domanda di part-time
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