Oltre a quelli sull’occupazione, sono anche i dati sulle retribuzioni italiane a far paura. Secondo l’indagine sulla Mobilità Geografica dei Dottori di Ricerca elaborata dall’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori), emergerebbe che il divario fra gli stipendi dei dottori di ricerca in Italia e all’Estero sarebbe molto netto! A 6 anni dalla tesi di Phd e a parità di curriculum, i dottori di ricerca che hanno trovato lavoro all’estero guadagnano quasi 8.500 Euro in più rispetto ai colleghi rimasti in Italia. Se poi il confronto si allarga a chi non ha mai cambiato regione di studi o di residenza, il divario arriva addirittura a 9.842 Euro! Secondo lo studio, dove si è analizzato un campione di 5.000 dottori che hanno conseguito il titolo nel 2006, i migranti all’estero (mobili) sono ancora in netta minoranza: il 7,5% nel 2012, quasi la metà rispetto ai mobili in Italia (regione diversa da quella di origine, il 12,2%, circa undici volte in meno dei non mobili “tout court” con stessa regione di origine e/o di studi, pari all’80,5%). Lo scarto è lieve solo sul tasso di occupazione: ha trovato un impiego il 91,9% dei dottori rimasti a casa, contro il 94,9% di quelli trasferiti fuori dalla regioni d’origine e il 95,4% degli “expats” in qualsiasi destinazione straniera. Nello specifico, i dottori di ricerca che si sono trasferiti all’estero guadagnano 29.022 Euro all’anno, con una differenza compresa fra gli 8.500 e i 10.000 euro in più rispetto a chi ha solo cambiato regione (20.524 Euro) o non si è mai sradicato da quella di origine (19.180 Euro).
Possibili Motivazioni
Perché allora a parità di curriculum il divario fra Italia ed estero risulta così netto? Innanzitutto, la mobilità sembrerebbe essere il fattore più determinante nelle fluttuazioni di reddito. Infatti, lo stipendio di un dottore di ricerca aumenta del 13% se ci si sposta all’interno dell’Italia e addirittura un +50,3% per chi si trasferisce all’estero. Anche il sesso e la situazione familiare sembrerebbero incidere sul reddito. Le donne guadagnano il 19,6% in meno degli uomini, mentre i genitori single percepiscono redditi del 17,5% inferiori a quelli senza figli e/o conviventi. Anche la specializzazione influenzerebbe le retribuzioni: i dottori specializzati in medicina, farmacia e veterinaria guadagnano il 7% in più della media, quelli in studi umanistici e psicosociali il 16% in meno! Inoltre, vi sarebbe una certa relazione tra titolo di studi e occupazione: chi lavora nel settore designato fin dai banchi dell’università guadagnerebbe redditi superiori al 7% rispetto alla media.
I dottori che svolgono professioni mediamente qualificate presentano retribuzioni inferiori sia a coloro che lavorano in professioni tecniche sia soprattutto a quanti lavorano in professioni high-skill (rispettivamente -6% e -20,5%). Secondo lo studio Isfol, la maggior parte dei dottori di ricerca risulterebbe impiegata nel settore pubblico. Ma lavorare in quello privato fa aumentare le retribuzioni medie di circa il 9%. I dottori di ricerca che invece lavorano all’estero hanno maggiormente contratti di natura flessibile: circa il 30% ha un contratto a tempo determinato e il 27% di collaborazione. I dottori che si sono trasferiti all’interno del territorio italiano mostrano invece un più elevato inserimento professionale con contratti permanenti (52%). Il 65% degli occupati svolge attività di ricerca, relativo con gli studi conseguiti. Ma la percentuale sale all’86% per chi emigra all’estero. L’88% dei dottori occupati afferma di essere molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro. Per chi lavora all’estero questa percentuale sale addirittura al 97%. Infine, l’indagine evidenzia l’importanza di esperienze di mobilità svolte durante gli studi universitari: chi ha partecipato al programma Erasmus ha un reddito mediamente più alto del 2,4%.
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