A meno di un mese dall’inizio dei corsi universitari, L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha divulgato un rapporto relativo ad uno studio sui costi delle tasse universitarie condotto presso gli atenei di Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Sicilia. Risultato: gli studenti del nord pagano circa il 13% in più rispetto alla media nazionale per la prima fascia e addirittura il 32% in più se si considera l’importo massimo da versare.
L’Università più cara è Parma (oltre il 70% in più rispetto alla media), seguita dalla Bicocca di Milano; la più economica è l’Aldo Moro di Bari, rincorsa dall’Alma Mater di Bologna.
Il dato che maggiormente balza all’occhio leggendo il documento è senza dubbio il grande divario che separa il Nord e il Sud del paese, divario che si aggira intorno al 25% per la fascia di reddito più bassa e arriva a sfiorare l’89% per quella più alta.
Un dato particolarmente allarmante e ancora una volta curioso è quello che emerge dall’analisi del confronto dei costi delle tasse per le famiglie, da cui risulta che il figlio di un lavoratore dipendente paga spesso di più di uno studente appartenente a una famiglia monoreddito di lavoratori autonomi. Questo dato rispecchia in buona misura il quadro della distribuzione dei redditi delineato dall’Istat ad aprile 2010. Secondo questo studio, il 35,4% dei lavoratori autonomi percepisce un reddito al di sotto dei 10.000 Euro annui, rientrando, quindi, nella prima fascia di contribuzione della maggior parte delle universita’; al contrario, il 49,7% dei lavoratori dipendenti percepisce un reddito compreso tra 15.001 e 30.000 Euro annui, rientrando quindi, nella seconda o nella terza fascia contributiva.
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