Stage lavorativo: due voci a confronto

Solo qualche giorno fa si è parlato degli stage post la laurea e di quanto essi possano essere un’esperienza formativa (vedi articolo stage formativo), ma come possano anche trasformarsi in strumenti a solo favore delle aziende.

stage-lavorativoE siccome non c’è miglior scuola che l’esperienza abbiamo chiesto a due ex studenti di raccontarci la propria.

Ringraziando Giovanni e Caterina per la disponibilità, ecco di seguito le loro risposte.

D: in cosa sei laureato?

Giovanni: Ingegneria delle Telecomunicazioni presso l’Università di Cassino.

Caterina: Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Statale Milano Bicocca.

D: dove hai effettuato il tuo stage?

Giovanni: presso un’azienda di telecomunicazioni che collabora con l’università e sopratutto con il professore che mi ha seguito nella tesi ed è stato lui stesso a indicarmela.

Caterina: tramite la Regione Lombardia sono stata assegnata a un’azienda di telecomunicazioni che aveva vinto un bando per l’internazionalizzazione.

D: quanto tempo è durato lo stage?

Giovanni: 4 mesi.

Caterina: 3 mesi, ma si è interrotto prima.

D: avevi un compito preciso da svolgere o sei stato assegnato a un progetto definito?

Giovanni: l’azienda aveva la necessità di migliorare il proprio software e renderlo compatibile con tutte le infrastrutture. Mi è stato chiesto di studiare il protocollo LDAP per autenticazione centralizzata. Quindi ho dovuto studiarmi e approfondire il protocollo e realizzare un interfacciamento generico per poter essere riutilizzato in tutte le applicazioni.

Caterina: diciamo di sì: avrei dovuto sviluppare i rapporti con il mercato tedesco. Ovviamente per farlo avrei avuto bisogno di supporto da parte di qualcuno con esperienza e di strumenti adatti… Mi sono di fatto trovata a fare telemarketing parlando in tedesco e, in un secondo momento, a tradurre brochure.

D: avevi una figura di riferimento in azienda?

Giovanni: sì, mi era stato assegnato un tutor che mi seguiva passo passo e mi dava indicazioni su cosa e come procedere. Anche un aspetto che mi ha colpito è stato la collaborazione che c’era anche con gli altri programmatori e lo scambio di idee bilaterale tra i nostri progetti.

Caterina: avrei dovuto, ma in realtà la persona che avrebbe dovuto seguirmi  era sempre troppo occupata…

D: ti veniva corrisposto uno stipendio?

Giovanni: no, i primi 4 mesi sono stati a titolo gratuito.

Caterina: un piccolo rimborso spese dalla Regione.

D: è stata quindi un’esperienza positiva?

Giovanni: beh. .. è stata la mia prima grande esperienza. In precedenza avevo sempre lavorato come sviluppatore web freelance nella forma di telelavoro. Per questo lo stage per me ha rappresentato un vero e proprio primo lavoro. Per quanto mi riguarda sono stato affascinato da quella realtà: avevo a disposizione strumenti e persone con molta esperienza che mi potevano insegnare e fare approfondire argomenti. Di fondo a me piace tantissimo programmare, quindi mi sono totalmente immerso in quella realtà.

Caterina: no, direi proprio di no. Al di là di qualche collega con cui c’è stato un qualche scambio personale l’esperienza non mi ha lasciato nulla. Ero abbandonata a me stessa, spesso rimproverata per la mancanza di risultati che nessuno mi aveva spiegato come ottenere…. Pensate che ho dovuto leggere per conto mio sui cataloghi di cosa si occupava l’azienda, nessuno mi ha spiegato nulla.

D: come è proseguita la tua esperienza lavorativa? Sei rimasto in azienda?

Giovanni: fortunatamente sì, forse anche per questo ne ho un bel ricordo. Sono stato assunto inizialmente con un contratto a progetto per valutare le mie capacità e poi mi è stato proposto il contratto a tempo indeterminato.

Caterina: fortunatamente no, come dicevo prima non sono arrivata al termine dei 3 mesi. Siccome ero molto insoddisfatta mi ero messa a cercare un’alternativa, che per fortuna è arrivata presto e sono scappata a gambe levate.

D: è un’esperienza che consiglieresti?

Giovanni: sì, perchè  permette di affacciarsi al mondo del lavoro. E’ una sorta di test delle proprie capacità. E’ dura, inizialmente interfacciarsi, ma se si tiene duro e si ha tanta voglia e piacere nelle cose che si fanno, credo che, aldilà dell’inserimento nella stessa azienda dove si è fatto lo stage, è un’ottima esperienza sia personale che curriculare.

Caterina: no, direi di no. Ho imparato che la prestazione professionale è pur sempre una prestazione professionale e pertanto va retribuita. Lo stage dovrebbe essere un momento di formazione per il neo-lavoratore, in realtà rappresenta un modo per le aziende per avere esperienza e professionalità a costo zero. E questo è ingiusto. Preferisco fare il più umile dei lavori con il compenso a esso dovuto che farmi nuovamente maltrattare in una multinazionale in quanto stagista.

D: cosa fai ora?

Giovanni: ho aperto una mia attività sempre legata allo sviluppo di software. Ho lasciato l’azienda in cui ero per vari motivi, ma sopratutto perchè credo che si debba sempre aspirare al meglio.

Caterina: lavoro nell’ufficio estero di un’azienda farmaceutica. Mi interfaccio soprattutto con il mercato tedesco.

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