Se uno studente che studia nella propria città spende in media circa 1200 euro l’anno, uno studente “fuori sede”, fra tasse universitarie, libri, trasporti, spese per la casa, spese alimentari e affitto arriva a spenderne quasi 7000 in più: è quanto emerge da un rapporto della Federconsumatori sulle spese sostenute dagli universitari.
Sono considerati “fuori sede” coloro che studiano fuori della propria regione (circa il 20% del totale), a cui si aggiungono coloro che, all’interno della stessa regione, si spostano in un’altra provincia. La voce che più incide sulle spese di chi studia lontano da casa è costituita dall’affitto che, insieme alle spese accessorie (luce, acqua, gas, condominio….) arriva a raggiungere mediamente quasi 5.000 euro l’anno per chi vive da solo e oltre i 3700 euro per chi condivide la stanza.
È l’Italia Centrale a detenere il primato per gli affitti più cari, mentre al Sud le spese per la casa sono le più economiche d’Italia (con un risparmio di oltre il 30% rispetto al Centro).
Il risultato – osserva la Federconsumatori – è che sulla scelta della facoltà gioca un ruolo importante anche il reddito della famiglia d’origine: chi non può sostenere i costi, deve limitare la propria scelta all’Università più vicina, oppure decidere di studiare e lavorare contemporaneamente, a scapito del rendimento e del tempo dedicato allo studio. “La soluzione ideale- propone il presidente Federconsumatori, Rosario Trafiletti – sarebbe quella di sviluppare finalmente un’edilizia scolastica adeguata e adottare dei provvedimenti che vietino la costruzione di nuovi atenei senza delle consone strutture alloggiative”. Ad oggi infatti, solo il 2,7 % degli studenti (48.000 su un totale di 1.800.000 iscritti) trova sistemazione presso le residenze universitarie.
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